Mendoza-Castillo V.M., Vargas-Canales J.M., Calderon-Zavala G., Mendoza-Castillo M.  and Santacruz-Varela A.

Intensive production system of fig (Ficus carica L.) under greenhouse conditions

Experimental Agriculture, 2016, 53(03), 339 – 350; DOI: 10.1017/S0014479716000405

Il fico (Ficus carica L.) è una coltura arborea, appartenente alla famiglia delle Moraceae, estremamente diffusa nell’areale Mediterraneo. È bene precisare fin dal subito che, dal punto di vista botanico il fico è un’infruttescenza, chiamata siconio, che racchiude al proprio interno gli acheni (i frutti). La diffusione della coltivazione del fico negli areali a clima Mediterraneo deriva dall’elevata adattabilità della coltura alle condizioni di carenze idriche e di alte temperature del periodo estivo. Inoltre, il siconio è un’importante fonte di nutrienti per l’alimentazione umana, in quanto ricco di sali minerali, polifenoli, zuccheri, vitamine ed antiossidanti. Nel corso degli anni, numerose ricerche sono state svolte su forme di allevamento, densità di impianto, tecnica di protezione biologica, nutrizione, ecc. per migliorare la qualità e quantità delle produzioni. Tuttavia, l’estrema sensibilità della cultura all’attacco di patogeni o a danni derivanti da pioggia, gelate e/o basse temperature hanno limitato lo sviluppo della coltivazione del fico in areali diversi da quello Mediterraneo. Proprio per questo, l’obiettivo di questa attività di ricerca è stato quello di proporre la coltivazione in serra del fico, come tecnica di coltivazione alternativa a quella tradizionale, per permetterne la coltivazione in areali diversi da quello Mediterraneo o proporre agli agricoltori di quest’areale un’alternativa alla coltivazione tradizionale. Inoltre, per controllare accuratamente la nutrizione degli alberi ed incrementarne la produttività, è stata utilizzata la coltivazione senza suolo.

L’attività di ricerca è stata svolta in Messico, tra novembre 2010 e settembre 2011, utilizzando una varietà locale di F. carica L. denominata “Netzahualcoyotl”. I siconi sono stati raccolti tra luglio 2011 e settembre 2011. Il sesto d’impianto è stato impostato con una distanza di 160 cm tra le file e 50 cm sulla fila. Le piante sono state coltivate in vasi di 40 L riempiti con il 10% di vermi-compost, 45% di roccia vulcanica rossa e 45% di roccia vulcanica bianca. La soluzione nutritiva è stata somministrata con gocciolatoi auto compensanti da 4 L/h, per tre minuti ogni ora dalle 9.00 di mattina alle 6.00 di pomeriggio. Le piante sono state allevate con un sistema a “V” per limitarne la competizione; inoltre, in tutti i trattamenti i germogli laterali sono stati cimati. Nei sei differenti trattamenti sperimentali è stato allevato un numero decrescente (da 8 a 3) di steli per pianta.

Nelle piante allevate con 7 e 8 steli per vaso la produzione di sostanza secca è stata sempre maggiore rispetto alle altre, ed anche la ripartizione di sostanza secca nelle infruttescenze, in questi due trattamenti, è stata maggiore del 50%, mentre negli altri trattamenti non si è andati oltre il 45%. In generale, la produzione di biomassa a livello di stelo non è variata in maniera significativa tra i trattamenti sperimentali, mentre, a livello di infruttescenze, le piante allevate con 8 steli hanno prodotto più degli altri trattamenti. E comunque, diminuendo il numero di steli si è osservata una riduzione della produttività della coltura. A livello biometrico, la lunghezza delle infruttescenze è risultata essere più lunga per le piante allevate con 3 steli, andandosi via via a ridurre fino a raggiungere il valore più basso nelle piante allevate a 7 e 8 steli. Tuttavia, il peso fresco medio dell’infruttescenza non è variato nei trattamenti sperimentali ed anche il contenuto di solidi solubili totali è risultato essere più alto per le piante allevate con 7 e 8 steli.

In generale, l’aumento dell’indice di area fogliare ha determinato un aumento delle produzioni che per le piante allevate ad 8 steli ha portato a raggiungere una produzione di 109 t/ha. Su altri studi condotti in campo aperto sulla stessa varietà la produzione medie non hanno mai superato 6 t/ha, dimostrando che attraverso l’applicazione di tecniche di coltivazione senza suolo effettuate in serra è possibile incrementare fino a 20 volte le produzioni di infruttescenze. Questi risultati sono dovuti anche alle operazioni colturali effettuate sulle piante, come la rimozione dei germogli laterali, che hanno permesso di evitare la dispersione della sostanza secca prodotta dalla pianta e della soluzione nutritiva assorbita, concentrando la traslocazione dei fotosintetati ai frutti. Inoltre, attraverso il sistema di allevamento a “V” è stato ottimizzato l’assorbimento della radiazione da parte delle piante e questo si è tradotto in una maggior efficienza d’uso della radiazione. Infine, la serra ha permesso di mantenere costanti le temperature di coltivazione e favorire lo sviluppo della coltura. Per il futuro, si segnala la necessità di migliorare la composizione della soluzione nutritiva da fornire alla pianta in funzione delle esigenze della coltura nelle diverse fasi fenologiche, puntando anche a ridurre disordini fisiologici che possono portare alla marcescenza di alcuni frutti e ad una maggiore sensibilità ad attacchi di patogeni fungini.

HTML e PDF: https://doi.org/10.1017/S0014479716000405