Damianos Neocleous, Georgios Nikolaou, Georgia Ntatsi e Dimitrios Savvas
Impact of Chelated or Inorganic Manganese and Zinc Applications in Closed Hydroponic Bean Crops on Growth, Yield, Photosynthesis, and Nutrient Uptake
Agronomy 2020, 10, 881; doi: 10.3390/agronomy10060881
Attraverso le coltivazioni senza suolo è possibile ottimizzare l’efficienza d’uso di acqua e nutrienti da parte della pianta, ma per raggiungere con successo l’obiettivo bisogna studiare la composizione della soluzione nutritiva (SN) fornita alle piante stesse. Da più di trent’anni sono state messe a punto SN ‘universali’ per la coltivazione di diverse specie vegetali (es. Hoagland e Arnon, Sonneveld e Vogt, ecc.); tuttavia se si vuole incrementare l’efficienza d’uso della SN è necessario adattare la composizione della stessa alla tecnica di coltivazione, alla specie coltivata e alla fase fenologica. Ad esempio, nella preparazione della SN l’apporto di micronutrienti viene effettuato attraverso l’utilizzo di fertilizzanti inorganici o chelati. L’utilizzo dei chelati stabilizza il microelemento impedendo fenomeni di precipitazioni causati da variazioni del pH. Tuttavia, bisogna stare molto attenti nel dosaggio dei chelati di micronutrienti, come Manganese (Mn) e Zinco (Zn), in quanto la differenza tra concentrazioni ottimali e tossiche per la pianta è minima. Ferro (Fe), Mn e Zn hanno funzioni simili nella pianta e sono tutti coinvolti nella sintesi della clorofilla e in processi come la fotosintesi e la respirazione. Dopo l’assorbimento a livello radicale, questi metalli vengono traslocati nello xilema attraverso le proteine di membrana e trasportati verso le radici e i germogli. Inoltre, nelle coltivazioni senza suolo è stata individuata una relazione tra la concentrazione dei micronutrienti nella SN e l’assorbimento degli stessi dalla pianta. Quindi, è opportuno mantenere un’ottimale concentrazione dei micronutrienti nell’ambiente radicale e per far questo è necessario reintegrare la SN di ricircolo in base alle asportazioni della coltura. Questa tecnica prende il nome di “principio della asportazioni” e tiene conto del rapporto tra peso dei nutrienti e volume di acqua assorbito dalla pianta.
Durante questo studio è stato studiato l’effetto dell’applicazione di Mn e Zn chelato alla SN sulla coltivazione di fagiolino (Phaseolus vulgaris L.) utilizzando la tecnica del Nutrient Film Technique (NFT). Inoltre, applicando il principio delle asportazioni è stata determinata la composizione della SN da utilizzare per la coltivazione in fagiolino in un sistema di coltivazione a ciclo chiuso.
L’attività è stata svolta in serra adottando un ciclo di produzione primaverile-estivo ed un ciclo autunno- invernale. Ciascuna canaletta di NFT è stata dotata di un circuito di fertirrigazione autonomo e rappresenta l’unità sperimentale. Nel disegno sperimentale sono stati previsti quattro trattamenti che si distinguono per le differenti modalità di somministrazione di Mn e Zn: 1) Mn (Mn somministrato come EDTA e Zn inorganico); 2) Zn (Zn somministrato come EDTA e Mn inorganico); 3) All (entrambi somministrati come EDTA); 4) Controllo (entrambi somministrati come fertilizzanti inorganici). In tutti i trattamenti la SN è stata reintegrata in base all’assorbimento delle piante e la concentrazione della stessa è stata calcolata in base alle asportazioni medie della coltura studiate durante una precedente attività di ricerca. Il pH della SN circolante è stato regolato tra 5,6 e 6,3. Per studiare il ritmo delle asportazioni sono stati prelevati campioni di SN di drenaggio a 0, 30, 60 e 90 giorni dal trapianto.
Dall’attività è emerso che il peso dei minerali assorbiti per volume di acqua (concentrazione degli assorbimenti) non è stato influenzato dalla modalità di somministrazione di Mn e Zn, ma durante la fase vegetativa le asportazioni sono state maggiori rispetto alla fase riproduttiva. Inoltre, considerando il rapporto di assorbimento tra K:Ca:Mg e N:K, questo non è variato in maniera significativa tra i due cicli e si è attestato rispettivamente sui valori di 0,63:0,26:0,11 e 2,3 durante la fase vegetativa e 0,67:0,23:0,10 e 1,9 durante la fase riproduttiva. Infine, i valori di asportazione medi sono stati: (mmol L−1) 11,4 (N), 0,9 (P), 5,4 (K), 2,0 (Ca), 0,9 (Mg;), (µmol L−1) 12,8 (Fe), 5,3 (Mn), 4,7 (Zn), e 0,9 (Cu). Già in precedenti studi è stato documentato che i rapporti di assorbimento tra acqua e nutrienti fluttuano molto meno nel tempo rispetto al loro assorbimento individuale; ciò è dovuto alla fotosintesi e alla traspirazione, che regolano rispettivamente l’assimilazione dei nutrienti e l’assorbimento di acqua. Pertanto, sono previste piccole fluttuazioni nel tempo nel rapporto di assorbimento dei nutrienti rispetto all’acqua, purché entrambi i processi, ovvero l’assimilazione e la traspirazione, cambino linearmente con la radiazione. A conferma di ciò, nei due cicli produttivi studiati durante questa attività di ricerca è emerso un rapporto simile tra assimilazione netta e traspirazione, per questo i rapporti di assorbimento dei nutrienti non sono variati significativamente tra i due cicli.
Anche per quanto riguarda conducibilità elettrica e pH non sono emerse differenze significative tra i trattamenti; tuttavia, passando dalla fase vegetativa a quella riproduttiva è emerso un accumulo dei macronutrienti e di Fe, Zn e Cu. Di conseguenza, anche la conducibilità elettrica è arrivata a valori maggiori di 2,8 dS m−1 verso la fine del ciclo produttivo. In estate, l’incremento della conducibilità elettrica è stato maggiore rispetto all’inverno in quanto in estate l’attività traspirativa e l’assorbimento di acqua sono stati maggiori rispetto all’inverno. Infatti, le richieste idriche della coltura sono state di 225 mm nel ciclo autunno-invernale e 560 mm nel ciclo primaverile-estivo. Tuttavia, l’efficienza d’uso dell’acqua è stata 35,6 kg m−3 nel periodo invernale e 20,6 kg m−3 nel periodo estivo. Ancora una volta, questo studio conferma come il passaggio dalla fase vegetativa a quella riproduttiva sia molto delicato per gli ortaggi da frutto, relativamente alla composizione della SN. Infatti, foglie e frutti assorbono in maniera differente i nutrienti ed il rapporto tra N:K deve mantenersi intorno a 2,1 mentre quello tra K:Ca intorno a 2,9. Dal punto di vista agronomico, le piante di fagiolino hanno prodotto in media 972 grammi di baccelli per pianta (la produzione è stata di circa 200 grammi maggiore nel periodo estivo) con un contenuto in nitrati pari a 738 mg kg−1 di peso fresco (PF), 50,8 mg di acido ascorbico kg−1 PF, 10,2 mg di glucosio + fruttosio kg−1 PF e il 9,45% di sostanza secca. Infine, l’utilizzo di chelati non ha modificato la concentrazione dei macronutrienti nelle foglie, mentre le foglie delle piante fertirrigate con la SN controllo hanno mostrato valori di Fe più elevati rispetto agli altri trattamenti. Infatti, applicando il Mn come chelato è aumentata la sua solubilità nella SN e questo elemento può aver svolto un’azione antagonista nei confronti del Fe riducendone il suo assorbimento e traslocazione nelle foglie.
In conclusione, questo studio indica come sia importante calibrare la composizione della SN in funzione degli assorbimenti della coltura. Inoltre, l’utilizzo di chelati di Mn e Zn non sembra apportare vantaggi rispetto all’utilizzo di fertilizzanti inorganici e quindi entrambe le tipologie possono essere utilizzate per la coltivazione di fagiolino in NFT in ambiente Mediterraneo, senza avere evidenti effetti sulla coltivazione. Infine, per un più efficiente utilizzo di acqua e nutrienti è opportuno calcolare la composizione nutrizionale della SN di riempimento fornita durante il ciclo chiuso attraverso il “principio delle asportazioni”.
HTML e PDF: https://doi.org/10.3390/agronomy10060881