La biofortificazione è il processo che consente di migliorare la qualità nutrizionale di una pianta o di una porzione di essa; questo obiettivo può essere raggiunto attraverso l’incremento dei fattori nutrizionali, organici e/o minerali introdotti nella pianta con diverse tecniche, oppure mediante la riduzione dei fattori anti-nutrizionali naturalmente presenti nei vegetali (ad esempio fitati e ossalati che possono ridurre l’assorbimento di calcio, zinco e ferro a livello intestinale).

La produzione di vegetali biofortificati può essere ottenuta mediante differenti approcci: si può ad esempio ottenere con tecniche di ingegneria genetica, manipolando il genoma della specie oggetto dello studio (es. golden rice), oppure con metodi convenzionali di miglioramento genetico delle piante (conventional plant breeding) o, ancora, con approcci di tipo agronomico (attraverso appunto la concimazione al suolo e/o la concimazione fogliare).  Tra gli approcci agronomici, notevole interesse suscitano i sistemi di coltivazione senza suolo in quanto permettono di gestire in maniera molto precisa e appropriata la nutrizione della pianta, modulando l’accumulo e/o la riduzione di elementi minerali utili o meno per la salute umana. Aumentare la quantità di micronutrienti biodisponibili in alimenti vegetali per il consumo umano è una sfida particolarmente importante sia per i Paesi in via di sviluppo che per quelli industrializzati; tale processo potrebbe anche rappresentare un valore aggiunto per le produzioni ottenute in società economicamente più evolute, in quanto possono favorire una maggiore competitività dei prodotti.